La variegata produzione casearia abruzzese permette di spaziare tra diverse tipologie di formaggi che portano con sé la purezza e la genuinità di lavorazioni che valorizzano e mantengono viva la preziosa memoria del passato e delle tradizioni più antiche

La transumanza

Non si può parlare dei formaggi abruzzesi senza prima fare un riferimento alla transumanza, ossia a quello che era il trasferimento delle greggi dalle zone di montagna della regione alle località della vicina Puglia e che avveniva in concomitanza con il cambio delle stagioni, in modo da trovare sempre il pascolo più adeguato.

Era proprio durante la transumanza che i pastori lavoravano il latte per ricavare il formaggio e la ricotta di cui potersi nutrire nei giorni in cui erano lontani da casa.

Quelle tipologie di lavorazione sono state tramandate nel tempo e oggi sono il presupposto da cui si sviluppa e nasce l’ottima produzione casearia locale.

I mille gusti del pecorino abruzzese

Il racconto dei formaggi tipici locali comincia, senza alcun dubbio, dal pecorino.

Prodotto caratterizzato da un gusto unico e da una speciale intensità, quello abruzzese risulta ancora più peculiare.

Si offre, infatti, al palato con diverse caratteristiche, a seconda delle zone di provenienza e, quindi, a seconda delle differenti lavorazioni. Scopriamo quelle che sono due squisite (e particolarmente creative) tipologie.

  • Pecorino di Farindola: la particolarità di questo formaggio sta nel fatto di venire lavorato utilizzando il caglio di maiale. E’ un passaggio molto importante, perché permette di ottenere un ventaglio organolettico davvero unico. Al palato, infatti, si offre con tutta la consistenza di un sapore in cui spicca molto bene l’armonizzazione realizzata tra le sfumature piccanti e l’intensità del latte.
  • Pecorino “marcetto”: goloso formaggio spalmabile delle origini davvero molto antiche, la sua caratteristica è quella di avere una maturazione durante la quale fondamentale è il supporto del “lavoro” delle larve di mosche che depositano le loro uova tra le crepe della crosta. E’ proprio questa particolarità che costruisce la sua forte personalità raccontata dal sapore molto intenso e da toni particolarmente piccanti.

La “giuncata”

La “giuncata” è un formaggio che si distingue per le sue tonalità più delicate.

Di origine antichissima e presente sulla tavola già nel Medioevo, deriva il suo nome dal contenitore in giunco che viene usato per effettuare il processo della, cosiddetta, “sprisciocca”, ossia il passaggio della pressatura.

Bianca e senza crosta e caratterizzata dalle tipiche scanalature, la “giuncata” va mangiata entro pochi giorni dalla lavorazione e si ottiene utilizzando sia latte di mucca che di pecora.

Al palato si offre con tutta la morbidezza della sua pasta e la delicatezza del sapore, caratteristiche che la rendono anche molto versatile, trasformandola in un ottimo ingrediente per la creazione di diversi piatti che risulteranno ancora più squisiti.

Qualche idea? Tagliata a cubetti, ad esempio, si può aggiungere ad un condimento a base di pesto di rucola per un prelibato primo piatto oppure può essere la sfiziosa protagonista di un’insalata mista come questa che adesso andiamo a scoprire.

Ingredienti

  • 100 gr di giuncata
  • 4 pomodori
  • 1 cipolla
  • olive nere
  • 1 cetriolo
  • olio evo
  • aceto di vino bianco
  • sale
  • pepe

Preparazione della ricetta

  • Dopo avere pelato la cipolla, tagliarla a rondelle molto sottili. Sistemarla in una ciotola, condirla con un poco di sale e di pepe, quindi aggiungere un poco di aceto e un poco di olio evo. Mescolare e lasciare riposare per almeno un’ora.
  • Lavare e tagliare il pomodoro, ricavandone (a piacere) dei cubetti o delle fettine.
    Eliminare la buccia del cetriolo e tagliare anche questo (a piacere) a forma di cubetti o di fettine.
  • Tagliare la “giuncata” a cubetti.
  • Unire gli ingredienti tagliati nell’insalatiera con la cipolla.
  • Aggiungere, infine, le olive nere nella quantità desiderata e mescolare per amalgamare e far insaporire tutti gli ingredienti.
  • Servire in tavola.

La scamorza “appassita”

Tra le produzioni più famose di questo formaggio vanno ricordate quelle di Ovindoli e di Pescocostanzo, località che offrono una tipologia di latte di ottima qualità.

L’aggettivo “appassita” la distingue da altre scamorze e fa riferimento alla sua peculiarità di contenere poca acqua.

Questa caratteristica rende la sua pasta ancora più gustosa, anche se anticamente questo “espediente” era dovuto semplicemente alla necessità di avere un prodotto in grado di mantenersi bene durante gli spostamenti.

Se viene affumicata, si veste di quella tipica tonalità organolettica che la rende sfiziosa e gradevolmente intensa al palato.

Può essere gustata in tanti modi diversi: ottima come secondo piatto, è speciale sul pane caldo, è squisita come condimento finale per la pizza.

La sua variante non affumicata si presta benissimo ad essere abbinata con il miele. In questo caso ci si può orientare verso la scelta di quelli più aromatici, come il miele di castagno, perfetti per mettersi in equilibrio con la sua delicatezza e per rendere un risultato finale davvero soddisfacente.

Il caprino

Per la sua produzione si utilizza solo latte di capra, ma a volte si fa un’aggiunta di quello ovino.

Di questo formaggio esistono due tipologie diverse a seconda della loro lavorazione. Il caprino a “coagulazione lattica” si può consumare immediatamente dopo la lavorazione. Il caprino a “coagulazione presamica” deve passare, invece, prima per un periodo di maturazione di circa 5 mesi.

Questi due tipi di caprino si differenziano per la consistenza: in quello a “coagulazione lattica” risulta morbida, mentre quello a “coagulazione presamica” ha una pasta abbastanza dura e a cui si accompagna un sapore più intenso rispetto a quello del “lattico”.

Il “cacio” di mucca

Si produce lavorando latte bovino e caglio di vitello. Ha un sapore abbastanza delicato e nel caso in cui venga utilizzato latte di mucca marchigiana si ottiene, invece, un’intensità organolettica più evidente.

Il “cacio” si gusta in modo speciale accompagnato da una fetta di pane casereccio fresco di cui sposa la croccantezza con la morbidità della sua pasta. E’, quindi, più che adatto a preparare uno spuntino genuino e leggero, ma anche per portare in tavola delle sfiziose tartine di gusto tradizionale in occasione di apericene o antipasti rustici.

Formaggi & vino

Per definire al meglio il gusto delle varie tipologie dei formaggi abruzzesi, non c’è niente di meglio che fare il giusto abbinamento con un buon bicchiere di vino.

Se, ad esempio, vogliamo preparare una squisita bruschetta con una fetta di pane ai cereali e arricchirla con il gusto unico di un pecorino a media stagionatura, il miglior vino da far sposare con questa proposta è sicuramente un bianco strutturato.

Per gustare la “giuncata” è, invece, ottimo un vino rosso e il Montepulciano in particolare, con la sua forte struttura, è più che adatto ad accompagnarsi con il pecorino “marcetto”, mentre la scamorzaappassita” offre il meglio di sé insieme con un bicchiere di vino bianco leggero.